Tom Lockyer racconta l’implantare del defibrillatore e il suo desiderio di giocare ancora

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Tom Lockyer, l’incredibile storia del calciatore che ha sconfitto due arresti cardiaci

Tom Lockyer ha mostrato il defibrillatore sottocutaneo che gli è stato impiantato dopo l’arresto cardiaco di due minuti e 40 secondi che ha subìto a dicembre durante Bournemouth-Luton: “Monitora la mia frequenza cardiaca e se esce da determinati parametri è progettato per darmi uno shock”.

Tom Lockyer è un sopravvissuto, non una ma due volte: il 29enne difensore del Luton Town e della nazionale gallese lo scorso 16 dicembre è crollato mentre era in campo nel match contro il Bournemouth, con scene di grandissima paura quando è rimasto esanime sul terreno di gioco. Un arresto cardiaco durato ben due minuti e 40 secondi, un tempo misurato dal registratore inserito nel petto del calciatore dopo che il suo cuore aveva subìto una fibrillazione atriale qualche mese prima, il 27 maggio, durante la finale dei playoff di Championship vinta a Wembley contro il Coventry, che avrebbe riportato gli Hatters in Premier League dopo 31 anni.

LOCKYER E IL SUO NUOVO STILE DI VITA

Dopo il primo malore e un intervento chirurgico in seguito al quale gli era stato dato il via libera per tornare in campo, stavolta – vista la situazione ben più grave – a Lockyer è stato impiantato un defibrillatore sottocutaneo, lo stesso dispositivo installato nel torace di Eriksen e che ha consentito al danese di tornare in campo dopo l’arresto cardiaco degli Europei del 2021. Il gallese ha mostrato dove si trova nel suo corpo l’ICD (defibrillatore cardiaco impiantabile), il cui scopo è quello di rimettere in funzione il suo cuore nel caso in cui dovesse fermarsi di nuovo, eliminando la necessità di aspettare che un defibrillatore venga portato in campo e salvandogli in questo modo la vita.

“Questa è la mia ferita di battaglia – ha detto il difensore alle telecamere di Sky Sports, indicando il dispositivo impiantatogli – Il mio defibrillatore è lì dentro, come potete vedere c’è un filo che sale fino al cuore nel caso dovesse mai avere problemi. Quindi monitora costantemente la mia frequenza cardiaca e se esce da determinati parametri è progettato per darmi uno shock. La batteria dura circa 10 anni, quindi deve essere sostituita solo ogni 10 anni e spero di non averne mai bisogno, ma è lì per precauzione”.

IL MOMENTO DELLA PAURA

Il dispositivo sporge visibilmente sotto l’ascella sinistra, con una cicatrice che segna l’incisione praticata per inserirlo durante l’intervento chirurgico. Lockyer ha spiegato che l’emergenza di dicembre era diversa da quello che gli era successo a maggio: “Stavo correndo verso la linea di metà campo e mi sentivo davvero stordito, pensando che in un secondo sarebbe andato tutto bene. Non lo era e mi sono svegliato con paramedici ovunque. Ho capito subito che questa volta era diverso, l’altra volta mi sono svegliato quasi come da un sogno e questa volta mi sono svegliato dal nulla.

“Ho potuto vedere subito i paramedici, i fisioterapisti, i medici del club, c’era più panico, non potevo parlare, non potevo muovermi, cercando di capire cosa stesse succedendo – ha continuato il calciatore del Luton – Mentre ciò accadeva ricordo di aver pensato: ‘Potrei morire qui’. È surreale pensare a questo e non essere in grado di muoversi o rispondere, mentre vedi il panico intorno a te. Una volta che mi sono ripreso è stato un sollievo essere vivo e fortunato che sia successo dove è successo, io ero vivo e la mia famiglia quasi se la passava peggio di me. Dopo quello che è successo a maggio, avevo un registratore e sono stato out per due minuti e 40 secondi, e ho dovuto essere defibrillato per farmi riprendere”.

LA POSSIBILITA’ DI TORNARE A GIOCARE

Lockyer ha aggiunto di aver parlato con Eriksen, ma anche con Daley Blind, che hanno sofferto di problemi simili. Il consiglio che ha ricevuto è di permettere prima di tutto a se stesso di accettare quello che era successo ed elaborare i fatti. Il 29enne si è rifiutato di escludere di tornare anch’egli a giocare, pur riconoscendo che il momento è ancora lontano: “Se ci fosse la possibilità di poter giocare di nuovo, allora mi piacerebbe farlo. Ma non farò nulla contro le raccomandazioni degli specialisti. È troppo presto per dirlo in questo momento, devono essere svolti molti più test, ma non lo escluderei in questo momento. Ma la mia priorità è il mio bambino”.

La storia di Tom Lockyer è un inno alla vita e alla resilienza di un atleta che ha saputo affrontare momenti estremamente difficili e che, nonostante tutto, resta desideroso di tornare sul campo da gioco. La sua esperienza può essere un’ispirazione per tanti altri atleti che, come lui, si trovano a dover affrontare situazioni di grave pericolo per la propria salute. Sia che torni a giocare o meno, la forza di volontà e la determinazione dimostrate da Lockyer sono un esempio di coraggio e determinazione che non possiamo fare a meno di ammirare.

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