SENTENZA IN ARRIVO NEL PROCESSO SULL’OMICIDIO DI SAMAN ABBAS
Dopo numerosi mesi di indagini, dibattimenti e udienze, è giunta finalmente l’ultima udienza del processo sull’omicidio di Saman Abbas. La sentenza per i cinque familiari della giovane, uccisa nel 2021 e trovata sepolta in un rudere a Novellara, è attesa stasera. Si attende quindi con trepidazione l’esito di questo processo, che ha scosso l’opinione pubblica per la crudezza del delitto e l’orrore delle circostanze che lo hanno accompagnato.
LE ACCUSE E LE RICHIESTE DELLA PROCURA
Alla sbarra ci sono i genitori della diciottenne – la mamma Nazia Shaheen è sempre latitante -, lo zio Danish Hasnain e i due cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. Prima della camera di consiglio dei giudici della Corte d’Assise ha parlato a lungo il padre Shabbar Abbas. La Procura ha richiesto l’applicazione di una pena di 26 anni, con il riconoscimento delle attenuanti generiche per lo zio e i due cugini della vittima, l’ergastolo per i genitori.
LE REPLICHE DELLA DIFESA
Durante le ultime repliche in corso nel processo a Reggio Emilia, l’avvocato Liborio Cataliotti, difensore dello zio della giovane pachistana, è intervenuto sostenendo che Danish Hasnain non avrebbe mai confessato l’omicidio di Saman Abbas. Cataliotti ha dichiarato che “questa confessione di cui si è parlato non esiste. Quando Danish parla alla moglie di un ‘lavoro fatto bene’ non dice di averlo fatto lui ma, come sostiene il perito, la sua è un’affermazione impersonale. La traduzione giusta è: ‘È stato fatto bene il lavoro’. Quindi il valore probatorio di queste parole è pari a zero”.
IPOTESI ALTERNATIVE E CRITICHE ALLA VERSIONE DEL FRATELLO
Il difensore ha fatto riferimento a “ipotesi alternative” rispetto a quella della Procura che ha individuato in Danish l’uomo che avrebbe strozzato Saman. Durante l’udienza Cataliotti ha dichiarato: “In questa aula credo non ci sia più una persona che creda ad Ali Heider. La sua parola vale zero”. La sua replica è tutta fondata sul disconoscimento della versione del fratello di Saman: versione che secondo la difesa dello zio “manca totalmente di linearità logico-espositiva e non è priva di interesse. Non si sa da dove abbia visto la scena del sequestro, quale fosse la fonte luminosa o cosa abbia sentito né quando Abbas abbia chiamato suo fratello”.
ACCUSE DI MENZOGNE E CONTRADDIZIONI
“Il 30 aprile non c’era Danish come detto da lui e telecamere smentiscono la sua presenza. Non è vero nemmeno che Danish abbia acquistato i biglietti per i genitori. Il teste si contraddice, non è disinteressato anche perché indagabile. Eppure – ha incalzato – assistiamo alla beatificazione di San Ali Heider, manca solo che si fissi un giorno per il suo ricordo”.
L’ATTESA PER LA SENTENZA
In attesa dell’esito del processo e della decisione dei giudici, si riaccende l’attenzione su questo tragico caso, che ha scosso il Paese intero. L’auspicio è che la giustizia possa fare luce su quanto accaduto e che si possa garantire giustizia per Saman Abbas e la sua famiglia. L’intera vicenda è una ferita aperta nella società italiana, che attende di essere sanata con la giusta applicazione della legge e la condanna dei colpevoli. L’Italia per intera aspetta la sentenza e si augura che si possa porre fine a questa lunga e dolorosa vicenda.