Primarie Repubblicane: i caucus in Iowa danno il via alla corsa per la Casa Bianca
Con i caucus in Iowa, che si terranno domani, lunedì 15 gennaio, le elezioni per la Casa Bianca entrano nel vivo. Il primo appuntamento riguarda il solo Partito repubblicano (i Democratici andranno a votare a inizio marzo). Sono rimasti in quattro, nel GOP (Great Old Party, ndr), a contendersi i delegati per la Convention di Milwaukee, che in estate sceglierà il candidato alla presidenza.
In pole position (con il 48% dei consensi, secondo il sondaggio del The Des Moines Register-NBC News-Mediacom), c’è lui, The Donald, 45esimo presidente degli Stati Uniti e controverso aspirante nuovo Commander in Chief. Per il secondo posto, con enorme distacco, se la giocano il governatore della Florida, l’italoamericano Ron DeSantis, e l’ex governatrice del South Carolina (ed ex ambasciatrice all’ONU proprio sotto Trump), Nikki Haley, che col 20% avrebbe superato per la prima volta il rivale nello Stato del Midwest. Ancora più indietro, l’imprenditore Vivek Ramaswamy, che però non vuole cedere. Sommando i consensi dei tre inseguitori, Trump resterebbe comunque in testa.
In particolare, secondo gli osservatori, per il governatore della Florida i caucus saranno determinanti: se DeSantis arriverà terzo, dopo aver visitato tutto le 99 contee dello Stato, speso una fortuna in pubblicità e ottenuto l’appoggio del governatore, è probabile che si trovi di fronte alla decisione cruciale di lasciare o meno la corsa.
LA VARIABILE “MALTEMPO”. E QUELLA DEL VOTO “A TRABOCHETTO” DEI LIBERAL
Donald Trump appare quindi destinato a vincere i caucus. Ma due variabili potrebbero complicare la sua strada, il maltempo e i democratici. Le regole vigenti consentono agli elettori di registrarsi per votare e anche cambiare partito fino all’ultimo momento; quindi fino a lunedì, giorno del voto. E questo – riporta il Washington Post – potrebbe rappresentare una tentazione per i liberal, perché permetterebbe loro di mutare schieramento e votare per uno dei candidati repubblicani, probabilmente colui che ritengono sia più facile da battere per Biden. L’altra grande variabile è il maltempo che in queste ore si sta abbattendo sull’Iowa, dove è atteso un freddo polare, con temperature fino a -16 gradi e strade ghiacciate. Il gelo potrebbe spingere molti a restare in casa, soprattutto fra i sostenitori di Trump, alla luce del suo forte vantaggio sui rivali; dando, in sostanza, per “scontata” la sua vittoria.
IOWA, 40 DELEGATI PER UNA NOMINATION
L’Iowa è uno stato che darà soltanto 40 delegati alla Convention repubblicana, pari all’1,6% del totale dei delegati provenienti dai 50 Stati; distribuiti in maniera proporzionale, il vincente non li prende tutti e 40. Lo swing State per eccellenza, quindi, è in fin dei conti solo il primo di quelli che vanno al voto; pertanto, dalla vittoria in questo Stato non è possibile determinare automaticamente chi avrà più sostenitori alla Convention. Piccola parentesi: perché swing State? Con questa espressione, si intende indicare uno Stato che non presenta un elettorato ascrivibile a una tendenza politica precisa: nelle passate prove elettorali, infatti, l’Iowa ha premiato di volta in volta candidati repubblicani e democratici (in riferimento alle elezioni, non ai caucus). È anche accaduto spesso che chi prevale nei caucus in Iowa poi non vinca la nomination finale.
SULLE ELEZIONI SI ALLUNGA LO SPETTRO DELL’ASSALTO AL CONGRESSO DI TRE ANNI FA
È indubitabile, comunque, che lo start della corsa per il prossimo 5 novembre, più degli altri anni, sia atteso con il fiato sospeso da milioni di persone, non solo americane, per il significato simbolico che rappresenta. Sarà la prima verifica sui sondaggi che, tra i repubblicani, indicano da mesi Donald Trump avanti non solo in Iowa, ma in tutti gli Stati. All’indomani dell’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 da parte di una folla di “MAGA” (i supporter del Make America Great Again di ispirazione trumpiana), chi avrebbe scommesso che tre anni dopo sarebbe stato ancora lui il candidato alla presidenza? E questo tralasciando gli altri guai giudiziari e processi che appesantiscono la corsa del magnate newyorkese.
Il 6 gennaio di tre anni fa la stessa folla che aveva ascoltato il comizio di Trump, in cui l’allora presidente incitava i sostenitori a “combattere come all’inferno, altrimenti non avremo più un Paese”, cercò di interrompere l’ufficializzazione dell’“imbroglio elettorale”, come lo definì The Donald, che aveva sancito la vittoria di Joe Biden nelle precedenti elezioni di novembre. Milioni di americani ritengono ancora che, con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, si compia la rivincita su un sistema “corrotto”, il quale quattro anni fa avrebbe “truccato” la democrazia Usa. Un intero Paese spaccato tra chi crede che nel 2021 ci sia stato un tentativo di insurrezione fermato in extremis e chi ritiene sia stata una “bella giornata di patriottismo” contro chi aveva “barato alle elezioni”. Ma è anche possibile che, se alla fine il consenso per The Donald non risultasse così ampio, pur essendo lui vincente, un’ondata di scetticismo si abbatta sui sondaggi; i quali in questo caso avrebbero esagerato nell’interpretare l’umore “ribelle” dell’America.
L’AVVERTIMENTO DI SONDAGGI ED ESPERTI: CLIMA DA “GUERRA CIVILE”
Il New York Times ha recentemente pubblicato un’inchiesta condotta tra alcuni cittadini in procinto di votare nello Stato del Midwest, in cui si evidenzia come in molti temano che si sia alla vigilia di una resa dei conti tra due Americhe. In un sondaggio del Public Religion Research Institute, pubblicato lo scorso ottobre, il 25% degli americani concorda sul fatto che “i veri patrioti americani potrebbero dover ricorrere alla violenza per salvare il nostro Paese”. Lo storico David Blight, tra i massimi esperti della Guerra civile americana, conferma che, sulla presenza di “divisioni” che possono mettere in pericolo il sentiment democratico degli Usa, “siamo in uno di questi periodi, non c’è dubbio”.
Lui, Trump, continua a proclamarsi da sempre “perseguitato politico”. Secondo altri sondaggi, tuttavia, se l’ex presidente venisse condannato prima delle elezioni, soprattutto nei processi in cui è accusato di aver cospirato contro il diritto costituzionale degli americani a eleggere democraticamente il presidente, al magnate resterebbe solo la base “MAGA” a sostenerne la candidatura. A questo punto, il secondo classificato nelle primarie diventerebbe il candidato del GOP alle elezioni.