PUgNO UNICO: IL SOSPETTO OMICIDIO DI ALEXEI NAVALNY
Una tecnica del Kgb, nota come ‘pugno unico‘, sarebbe stata usata per uccidere Alexei Navalny. Ne è convinto l’attivista per i diritti umani e fondatore dell’ong Gulag.net, Vladimir Osechkin, che al Times ha raccontato come l’oppositore russo sarebbe stato messo a tacere per sempre: un colpo sferrato all’altezza per cuore, dopo che Navalny era stato tenuto per ore a temperature sottozero perché si indebolisse.
LE RICHIESTE DELLA FAMIGLIA DI NAVALNY
Per risalire alle cause del decesso i familiari e i collaboratori di Navalny continuano a battersi per ottenere la restituzione del corpo. La madre di Alexei, Lyudmila Navalnaya, ha presentato ricorso in un tribunale della città artica di Salekhard per ottenere il rilascio delle spoglie del figlio. L’udienza, che si svolgerà a porte chiuse, è stata fissata per il 4 marzo.
LA REAZIONE DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
La necessità di fare “chiarezza” sulla vicenda è stata evidenziata dalla Farnesina all’ambasciatore russo in Italia, Alexey Paramonov, convocato su indicazione del ministro degli Esteri, Antonio Tajani. L’Italia ha esortato Mosca a “porre fine” alle persecuzioni politiche e a garantire “piena libertà di espressione” nel Paese. Per la rappresentanza diplomatica di Mosca, quelle della Farnesina sono “valutazioni politicamente faziose” in merito “alla situazione politica interna” della Russia. Mosca, ha evidenziato l’ambasciata, considera “inaccettabili” i “tentativi dei Paesi occidentali di strumentalizzare politicamente” la morte di Navalny, sulla quale sono in corso “tutte le perizie e gli accertamenti investigativi necessari”.
LE SANZIONI DEL REGNO UNITO
Da Londra sono intanto arrivate le prime sanzioni di ritorsione. Destinatari sei capi della colonia penale ‘Polar Wolf’ dove Navalny era detenuto da settimane e nella quale è morto. I sanzionati saranno soggetti a congelamento dei beni e al divieto di ingresso sul territorio del Regno Unito. “E’ un’ipocrisia tipica del governo britannico”, ha commentato l’ambasciata russa a Londra, ricordando che “nel frattempo, i cittadini russi vengono uccisi con gli ordigni e i missili britannici forniti al fallimentare regime di Kiev”.
L’ATTACCO NEL DONETSK E LE RICHIESTE DI LAVROV
Di fabbricazione americana erano, secondo Kyiv Post, i razzi a lungo raggio che avrebbero invece distrutto un intero battaglione della fanteria russa, schierato in formazione di parata vicino Trudivske, nel Donetsk, mentre attendeva l’ispezione di alti ufficiali, compreso il generale maggiore Oleg Moiseev, morto anche lui nell’attacco. Kiev continua a leccarsi le ferite dopo aver perso l’avamposto di Avdiivka, nella stessa regione del Donetsk. Nella battaglia, ha scritto il New York Times, tra gli 850 e i 1000 soldati ucraini sarebbero stati catturati o risultano dispersi. Dato smentito dal gruppo ‘Tavria’ dell’esercito di Kiev, secondo cui il numero di prigionieri è ancora in fase di verifica ma “sicuramente non si tratta di centinaia di soldati, come scrive il New York Times”.
Alla vigilia del secondo anniversario dall’inizio della guerra le prospettive di una ripresa dei colloqui di pace sono remote. In occasione del G20 in Brasile, il ministro russo degli Esteri, Sergey Lavrov, ha chiesto all’Occidente di “smettere di riempire di armi l’Ucraina”. Questa, ha fatto capire, è una delle condizioni poste da Mosca per una “soluzione equa e sostenibile” della crisi.
LE INDAGINI SUGLI AFFARI DI HUNTER BIDEN
Negli Stati Uniti proseguono, nel frattempo, le indagini su Alexander Smirnov, ex informatore dell’Fbi accusato di avere mentito riguardo ai presunti affari della famiglia del presidente Joe Biden in Ucraina. Gli inquirenti statunitensi investiti del caso, nei nuovi documenti presentati in tribunale, sostengono che Smirnov avrebbe riferito di aver ricevuto dall’intelligence russa le informazioni su Hunter Biden. Le informazioni sul figlio del presidente, hanno rilevato i procuratori, erano dunque false.