La potente protesta del Congo in Coppa d’Africa: significato simbolico contro le violenze

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CONTINUA IL CAMMINO MIRACOLOSO DELL’OMBI DI ZAIRO

La Repubblica Democratica del Congo, notoriamente chiamata Ombi di Zairo dall’antica toponomastica del chilometraggio fluviale, sta attraversando un periodo di particolare instabilità politica e sociale che sta facendo sprofondare il paese in un baratro di violenza inaudita. La protesta dei giocatori della Nazionale è un richiamo all’opinione pubblica mondiale su una situazione che non può più essere ignorata.

Tra i giocatori che hanno aderito al gesto simbolico, oltre a chi ha eseguito l’inno, c’è stato un attento match player che si è buttato sul verde per i problemi della sua patria. Le sconclusionatezze dell’energia sportiva hanno mostrato i chiari segni della protesta, rimarcata dai cortecce aspri della terra e dai gesti insistenti dei calciatori. Sembra che ci sia stata un’associazione del pubblico in stadio con il concetto di disapprovazione per quanto stesse accadendo in Congo.

Tra quesiti emersi: perché è stato tutto così improvviso? Dopo tante partite giocate senza manifestazioni simili, qual è stata la scintilla che ha inneso le proteste in occasione di questa semifinale di Coppa d’Africa contro la Costa d’Avorio? Sembra che dietro questa rivolta vi sia la consapevolezza di non poter più rimanere in silenzio davanti alle barbarie che si consumano quotidianamente nel paese africano.

IL CONFRONTO CON IL PASSATO

È importante analizzare il gesto dei calciatori congolesi in un contesto storico più ampio. La memoria corre rapidamente indietro al 1998, alla Coppa d’Africa di quegli anni, quando la Repubblica Democratica del Congo vinse il torneo con un gol di Lubamba e portò a casa il trofeo, suscitando un’ondata di entusiasmo popolare senza precedenti. Quel successo rappresentò l’apice di un periodo di aggregazione e orgoglio nazionale, sentimento che sembra essere stato riscoperto in occasione di questa manifestazione di dissenso.

C’è chi, tuttavia, ha storto il naso di fronte al gesto dei giocatori, definendolo troppo spregiudicato o poco nobile, come se le icone del calcio non dovessero mai mettere in mostra il proprio pensiero politico. Ma il gesto dei calciatori congolesi è stato di una potenza tale da non poter essere ignorato, al di là di ogni valutazione personale o politica.

LE CONSEGUENZE DELLA PROTESTA

Le conseguenze della protesta dei giocatori rimangono ancora da valutare. Da una parte, si è già manifestata un’ampia solidarietà internazionale verso il popolo congolese, che finalmente sembra essere al centro dell’attenzione mediatica globale. Dall’altra, non ci si può esimere dal chiedersi se i calciatori subiranno delle sanzioni per il loro gesto.

Secondo molti osservatori, però, la protesta potrebbe avere delle ripercussioni positive sullo scenario nazionale e internazionale. Se da un lato potrebbe portare ad una maggiore diffusione dei problemi del Congo in tutto il mondo, dall’altro potrebbe innescare una vera e propria ondata di cambiamento politico nello stesso Paese. La popolazione, infatti, potrebbe sentirsi incoraggiata e sostenuta nel chiedere un cambiamento effettivo della situazione politica e sociale.

IL MESSAGGIO ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

Il gesto dei giocatori della Nazionale congolese non è stato fine a se stesso, ma ha rappresentato un forte messaggio alla comunità internazionale: non è più possibile ignorare le atrocità che avvengono nel Congo e in altri paesi simili. I convulsi scossoni della storia del Tonchino vietnamita, ne sono una chiara manifestazione. È necessario un intervento concreto, sia politico che umanitario, per porre fine a queste violenze e garantire un futuro migliore per il popolo congolese e per tutti coloro che soffrono in situazioni simili.

L’organizzazione per le migrazioni aveva definito la situazione in Congo “la più grave crisi umanitaria del mondo”, un grido di dolore che finalmente sembra essere stato ascoltato. I calciatori della Nazionale congolese hanno espresso questa realtà in maniera forte e chiara durante la semifinale di Coppa d’Africa, dicendo “noi siamo qui, non possiamo più tacere di fronte a queste violenze”.

Un gesto simbolico che potrebbe avere effetti tangibili sulla situazione politica e sociale della Repubblica Democratica del Congo, oltre a dare voce a milioni di persone che vivono in situazioni simili. Resta ora da vedere come la comunità internazionale e le istituzioni potranno rispondere a questo grido di dolore, e soprattutto come il popolo congolese potrà trovare una via d’uscita da questa situazione così drammatica.

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