Il fenomeno TikToker Daniele Davì: dalla lotta al bullismo al sogno del cinema

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Il giovane fenomeno dei social Daniele Davì: la sua storia di successo

HA QUASI TRE MILIONI DI FOLLOWER SU TIKTOK, ai quali si aggiungono i 506mila su Instagram e gli 80mila su Youtube. Stiamo parlando di Daniele Davì, l’alfiere della Generazione Z che ogni giorno fa sorridere milioni di persone con i suoi video che raccontano, in modo ironico, la realtà di tutti i giorni.

È sbarcato sui social nel lontano 2016, quando ancora le storie e i reel sui social non esistevano. Ha iniziato a pubblicare piano piano le sue foto, raggiungendo il picco durante la pandemia, tanto da diventare nel 2021 uno dei testimonial della Lombardia per la campagna anti-Covid. Quando Gerry Scotti ha deciso di aprire un profio su TikTok, ha voluto prendere “lezioni di social” da lui stesso. «Ho insegnato a Gerry Scotti cos’è un Pov – ha dichiarato al Corriere della Sera -, è stato molto divertente».

LE ORIGINI E LA LOTTA CONTRO IL BULLISMO

Daniel Davì adesso ha 23 anni e vive a Portello, un quartiere di Milano, dopo aver vissuto l’infanzia e l’adolescenza a Desio. Ha iniziato a pubblicare i suoi video su Youtube nel 2016, quando ha aperto un canale dopo aver vinto una scommessa. «Avevo detto a un’amica: se non prendo il debito in matematica mi apro un canale su Youtube – ha spiegato -. Il debito non l’ho preso ed eccomi qui».

Il suo primo video raccontava la tipica giornata di uno studente a scuola, compresi gli aspetti negativi come il bullismo. «Facevo il liceo a Giussano, ho raccontato le “cinque cose che sai se fai l’artistico”, ha ottenuto 400 mila visualizzazioni. Non me l’aspettavo. Poi ho provato con un messaggio costruttivo – ha spiegato – È nato un monologo sull’importanza di chiedere aiuto di fronte al bullismo. Quel video ha fatto un milione e mezzo di clic. Materiale poi trasmesso nelle scuole, ne sono molto orgoglioso».

Nei suoi video c’è sempre qualche riferimento alla sua vita. «Alle medie a Desio io ero quello un po’ strano, sensibile, creativo, non amavo il calcio. Bastava per essere preso di mira: spintoni, le scarpe buttate nel wc all’ora di ginnastica – ha raccontato al Corriere – Non parlavo con i miei genitori, non chiedevo aiuto, mi sono isolato, ero irritabile: una parentesi che si è chiusa quando sono passato al liceo altrove. Ho capito che quello sbagliato non ero io ma loro che mi attaccavano».

GLI OSTACOLI DEI GENITORI

In pochi anni, Daniele Davì ha raggiunto i tre milioni di follower su TikTok, toccando il picco soprattutto durante la pandemia, quando migliaia di persone si “rifugiavano” sui social network per cercare di “uscire” fuori dalle proprie case. Nei suoi video ha iniziato anche a far partecipare la sua sorellina di 10 anni. «Noemi ama recitare, la coinvolgo per darle quella possibilità creativa che anche io avrei voluto alla sua età – ha raccontato -. Sto attento che non ci siano scene della nostra reale quotidianità: postiamo piccoli brani recitati, ciò che altri attori bambini hanno sempre fatto. I miei genitori ovviamente sono d’accordo».

E a proposito di famiglia, ha sempre cercato di aiutare in casa, anche se inizialmente i suoi genitori non credevano nella potenzialità dei social. «Mamma e papà non erano d’accordo, inizialmente mi dicevano di trovarmi un lavoro vero. Poi hanno iniziato a vedere i frutti – ha spiegato.- Non ho mai voluto pesare sui miei genitori. All’artistico ho studiato videomaking, per una piccola emittente di Desio facevo l’operatore con la telecamera: prendevo poche centinaia di euro al mese ed ero felicissimo – ha continuato -. Oggi curo mediamente quattro video a settimana, quasi sempre ironici. I contenuti sponsorizzati sono minoritari: bisogna avere equilibrio, sennò non ti segue più nessuno. Soprattutto su TikTok le persone hanno pochi filtri, se fai una brutta cosa, non di qualità, fastidiosa, te lo dicono subito. Io per ogni pezzo scrivo il testo, pago chi mi affianca, a volte il mio ex prof di sceneggiatura, chi filma. Non è improvvisazione, anche se molti pensano sia così. Per il resto sono abbastanza riservato sulla vita privata».

«MILANO NON È UNA CITTÀ PER GIOVANI»

Nonostante il successo sui social, comunque la “vita reale” non è così semplice per un ragazzo di 23 anni. Soprattutto a Milano, dove la vita è piuttosto cara. «Siamo partiti in due, io ed Enea Barozzi, attore come me, con l’obiettivo di dividerci le spese – ha spiegato -. Budget 1.000-1.100 euro al mese, mai preteso di stare in zona centrale: abbiamo visto in tre mesi le peggiori cose e case di Milano, trilocali con stanze ricavate a colpi di muri di cartone e materassi in verticale, una volta siamo finiti in una cantina senza finestre. A quel punto, per disperazione, siamo passati a 1.700 euro: ci mostravano luoghi dove magari non ti ammalavi, però le difficoltà restavano».

E le persone preferiscono non affittare casa ai creator. Ha spiegato che il suo lavoro «diventava parte del problema. Telefonavo, spiegavo: siamo in due, attori, abbiamo 23 anni, entrambi a partita Iva, io collaboro anche con un’agenzia di contenuti per i social. Dall’altra parte silenzio. Era il 2021 e potevo dimostrare di fatturare con il mio lavoro 100 mila euro l’anno. Dall’altra parte: no, il padrone di casa preferisce non affittare a voi…». Insomma, Milano non sembrerebbe essere una città per giovani. «Forse sta perdendo i ragazzi. Milano è il posto del sogno, qui si arriva pieni di obiettivi, offre molte chance. Eppure, che contraccolpi: i prezzi, la diffidenza. Pure l’insicurezza: la sera non esco quasi più, ho amici che sono stati rapinati e mi passa la voglia».

IL SOGNO DI ARRIVARE AL CINEMA

Adesso Daniele sogna di arrivare sui grandi schermi, anche se i social sembrerebbero essere un grande ostacolo per intraprendere questa strada. «Ho preso milioni. Cerco di non dire che ho un seguito sui social, c’è tanta diffidenza. Tanti ci vedono come degli improvvisati e basta – ha concluso -. Durante un’audizione – lì sapevano che sono un tiktoker – mi sono sentito ripetere: questo non è YouTube, cosa credi di fare? Pareva che non mi stessero neanche a sentire e che si divertissero solo a guardarmi dall’alto in basso».

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Aprile 2024, 10:29

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