SMOG E RISCHIO DI RICOVERI: LA CONNESSIONE PROVATA DA STUDI AMERICANI
Lo smog è stato a lungo identificato come un grave problema ambientale, ma ci sono sempre più prove che indicano anche un impatto significativo sulla salute umana. Due ampi studi americani pubblicati sul British Medical Journal hanno dimostrato che l’esposizione a breve e lungo termine all’inquinamento atmosferico da polveri fini Pm2,5 è associata a un maggior rischio di ricovero per gravi malattie cardiache e respiratorie. Inoltre, i risultati dei due lavori indicano che non esiste una soglia di inquinanti che si possa considerare sicura per la salute di cuore e polmoni.
NUOVE LINEE GUIDA DELL’OMS E GLI STANDARD DI QUALITÀ DELL’ARIA
Nel 2021, l’Organizzazione mondiale della sanità ha aggiornato le linee guida sulla qualità dell’aria, raccomandando che i livelli medi annuali di particolato Pm2,5 non dovrebbero superare i 5 microgrammi per metro cubo (μg/m3) e che le concentrazioni medie di Pm2,5 nelle 24 ore non dovrebbero superare i 15 μg/m3 per più di 3-4 giorni all’anno. Queste nuove linee guida pongono l’attenzione sull’urgente necessità di ridurre l’esposizione all’inquinamento atmosferico per proteggere la salute pubblica.
CORRELAZIONE TRA SMOG E AUMENTO DEI RICOVERI
Nel primo studio, i ricercatori hanno collegato i livelli medi giornalieri di Pm2,5 ai codici postali di residenza di quasi 60 milioni di adulti statunitensi over 65 dal 2000 al 2016. Attraverso dati Medicare hanno monitorato i ricoveri in ospedale di questa popolazione su una media di 8 anni. Correggendo l’analisi, tenendo conto di fattori economici, sanitari e sociali, gli autori hanno osservato che l’esposizione media al Pm2,5 nell’arco di 3 anni era associata a un aumento delle probabilità di un primo ricovero per 7 tipi di patologie cardiovascolari: cardiopatia ischemica, malattia cerebrovascolare, insufficienza cardiaca, cardiomiopatia, aritmia, cardiopatia valvolare, aneurismi dell’aorta toracica e dell’aorta addominale. Rispetto a esposizioni al Pm2,5 pari o inferiori a 5 μg/m3, esposizioni comprese tra 9 e 10 μg/m3 erano collegate a un 29% del rischio di ricovero per patologie cardiovascolari.
RISULTATI SIGNIFICATIVI DEL SECONDO STUDIO
Nel secondo studio, gli scienziati hanno considerato le concentrazioni giornaliere di Pm2,5 a livello di contea e i dati relativi alle richieste mediche, per monitorare i ricoveri ospedalieri e gli accessi al pronto soccorso per cause naturali, malattie cardiovascolari e respiratorie di 50 milioni di adulti americani over 18 dal 2000 al 2016. Durante il periodo di osservazione, sono stati registrati oltre 10 milioni di ricoveri e 24 milioni di visite in pronto soccorso. Gli autori hanno rilevato che l’esposizione a breve termine al Pm2,5, anche a concentrazioni inferiori a quelle fissate dall’Oms, era associata in modo statisticamente significativo a tassi di ricovero più elevati per cause naturali, patologie cardiovascolari e respiratorie, nonché ad accessi al pronto soccorso per cause naturali e malattie respiratorie.
LIMITI E APPLICABILITÀ DEI RISULTATI
Entrambi i gruppi di ricerca riconoscono diversi limiti nei loro studi, tra cui una possibile classificazione errata dell’esposizione alle polveri fini, e precisano che fattori non misurati potrebbero aver influenzato i risultati. I dati osservati potrebbero inoltre, non essere applicabili a cittadini senza assicurazione medica, bambini e adolescenti, e a chi vive fuori dagli Stati Uniti. Ciò detto, per gli scienziati “i risultati offrono un importante contributo al dibattito sulla revisione dei limiti” ai livelli di smog, “delle linee guida e degli standard sulla qualità dell’aria”. Complessivamente, concludono, “questi nuovi dati rappresentano un prezioso riferimento per futuri standard nazionali sull’inquinamento atmosferico”.
In conclusione, è fondamentale che vengano adottate misure urgenti per ridurre l’inquinamento atmosferico da polveri fini Pm2,5 al fine di proteggere la salute della popolazione e ridurre il numero di ricoveri ospedalieri per gravi malattie cardiache e respiratorie. I dati provenienti da questi studi americani sottolineano l’importanza di aderire alle linee guida dell’OMS e di adottare standard nazionali più rigorosi sulla qualità dell’aria per salvaguardare la salute pubblica.