Argentina: stipendio lavoratori in picchiata del 17% tra dicembre e gennaio, le proteste continuano

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Lavoratori argentini: STIPENDI IN CALO DEL 17%

Lo stipendio dei lavoratori argentini è diminuito del 17% tra dicembre 2023 e gennaio 2024, secondo gli ultimi dati ufficiali. In base a un’analisi effettuata dal Centro studi economici della Banca Provincia (Bapro), si tratta del calo più grande dopo una svalutazione. La misurazione mette a confronto i cali dopo i balzi del tasso di cambio di dicembre 2013, novembre 2015, agosto 2018, agosto 2019 e novembre 2023, concludendo che l’attuale è il peggior crollo salariale. Il rapporto afferma che, in una serie storica di salari reali, i dati dello scorso gennaio implicano un ritorno ai livelli di marzo 2006, cioè quasi 18 anni fa. Nella corsa tra prezzi e salari dello scorso anno, i salari dei lavoratori sono cresciuti del 191,5%, contro un’inflazione del 254,2%, secondo i dati di gennaio 2024 dell’Indec, l’Agenzia ufficiale di statistica.

MILEI VUOLE VENDERE LE CARCERI ALLE SOCIETÀ IMMOBILIARI

La doccia fredda di oggi arriva dopo l’annuncio, ieri, del presidente Javier Milei di alcune misure del suo governo mirate a riformare il sistema penitenziario, compresa la vendita delle carceri alle società immobiliari affinché, in cambio, queste ultime possano costruire nuove prigioni in luoghi lontani dai centri urbani. Le nuove carceri – secondo un modello di privatizzazione che si ispira a quello statunitense – saranno “di migliore qualità, maggiore sicurezza e senza spendere un soldo” ha detto il presidente ultraliberista in un’intervista alla Cnn spagnola. “Ci sono carceri che sono state progettate in un certo momento storico, ma la crescita della popolazione ha fatto sì che rimanessero in un’area urbanizzata” ha spiegato il capo dello Stato.

CONTINUANO LE PROTESTE DOPO L’ANNUNCIO DI 15MILA LICENZIAMENTI DI DIPENDENTI STATALI

La scorsa settimana è stata caratterizzata da forti tensioni sociali: venerdì 5 aprile, dopo l’annuncio del licenziamento di oltre 15mila dipendenti statali da parte del governo, nel quadro di un drastico piano di riduzione della spesa pubblica, sono scoppiate grandi proteste in tutto il Paese. Nuovi scontri tra polizia e manifestanti si sono registrati a Buenos Aires, dove alcune migliaia di militanti del sindacato dei lavoratori statali (Ate) hanno protestato di fronte al Ministero dell’Economia e alla Casa Rosada. Seguendo il nuovo protocollo anti-picchetti introdotto dall’esecutivo, le forze dell’ordine hanno cercato di impedire l’interruzione del transito stradale, arrivando ad uno scontro coi manifestanti. Il segretario generale di Ate, Rodolfo Aguiar, ha denunciato “l’aggressione” della polizia e “lo spiegamento sproporzionato” di agenti. “Si vede che per reprimere i lavoratori, i soldi ci sono” ha commentato.

Giovedì 4 aprile, invece, hanno scioperato gli insegnanti della scuola pubblica in segno di protesta contro la riduzione dei salari, i tagli alla spesa e in particolare contro l’eliminazione del Fondo nazionale per i docenti (Fonid). In un documento, il sindacato dei docenti (Ctera) chiede la “restituzione del Fonid”, l’avvio di un negoziato nazionale per la ricomposizione del salario a fronte dell’inflazione, che ha raggiunto il 276% annuo e l’introduzione di un salario minimo nazionale”.

“I docenti non arrivano a fine mese. È una situazione insostenibile. Aumentano gli affitti, le tariffe, i trasporti e gli alimenti; i docenti continuano a guadagnare lo stesso che a metà dell’anno scorso” afferma la segretaria generale di Ctera, Sonia Alesso. Proseguono nel frattempo anche le discussioni all’interno della Confederazione generale del lavoro (Cgt) per la convocazione di un secondo sciopero generale dopo quello del 24 gennaio.

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